“Una su dieci”
di Cristina Pontisso
Ciao a tuttə, mi chiamo Cristina Pontisso e ho trentanove anni. A diciotto ho iniziato ad avere i sintomi di quel malessere che solo dopo otto anni avrebbe avuto un nome: endometriosi. Dopo il primo intervento, all’età di ventisei anni, ho iniziato il mio calvario per trovare un farmaco che non mi desse effetti collaterali più devastanti dei sintomi stessi. Non l’ho trovato. A trentuno anni sono rimasta incinta e, tra i nove mesi della gravidanza e altrettanti di allattamento senza alcun sintomo, ho creduto ingenuamente di essere guarita.
Poi, inaspettato come un fulmine a ciel sereno, è tornato il dolore. Forte da togliere il fiato. Come essere presa a calci nella pancia. Come ricevere una scarica di proiettili nel fianco. Giorno e notte. Dai controlli è emerso che oltre ai noduli già noti ai legamenti utero-sacrali, avevo una nuova, invadente compagna: l’adenomiosi. La vescica inoltre si era attaccata all’utero, l’utero al sigma e all’ovaio sinistro, nel parametrio si era formato un nodulo… per la prima volta mi hanno parlato di isterectomia, vista la mia intolleranza ai farmaci che comunemente si utilizzano per tenere sotto controllo la malattia. Ho detto che ci avrei pensato, e lo sto ancora facendo. Nel frattempo cerco di vivere senza crollare, da una parte mio figlio e la mia famiglia, dall’altra i miei ragazzi a scuola (sono un’insegnante), nel mezzo la mia passione più grande: scrivere.
Lo scorso giugno è stato pubblicato il mio primo romanzo dal titolo Una su dieci (Ed. Scatole parlanti), come la statistica di donne affette da endometriosi: questa nostra malattia cronica, invalidante, senza una cura risolutiva. Una malattia che crea uno stato di infiammazione persistente nella zona addominale e pelvica in cui il dolore prolifera. A rendere ancora più insopportabile questa patologia è l’indifferenza. Di endometriosi si parla poco, in modo superficiale e impreciso, eppure è stata inserita tra le malattie più dolorose esistenti. Questo ci fa sentire tremendamente sole, non credute.
Una su dieci non è un’autobiografia o una raccolta di storie vere, è un romanzo che racconta l’amicizia di due giovani donne che si incontrano per caso nella sala d’attesa di uno studio medico. Inizia così la storia di Elena e Chiara, la prima ossessionata da un figlio che non arriva, l’altra in crisi esistenziale tra un passato che non riesce a lasciare andare e un futuro incerto. Nel corso del romanzo affronteranno cambiamenti, eventi dolorosi e nuovi inizi, inattesi. Due donne come tante e allo stesso tempo speciali, tra amori tormentati, volontariato, lavori, amicizie e problemi familiari: insieme, vinceranno il buio che le attraversa per ritrovare il sentiero della vita. Sullo sfondo, la condivisione di una patologia, la stessa mia, nostra.
Ho scelto un tema scomodo per un romanzo d’esordio e non è stato facile arrivare alla pubblicazione perché i rifiuti da parte di case editrici più grandi sono stati tanti. Ma ora, dopo le prime presentazioni in pubblico e i messaggi sui social da parte di chi lo ha letto, ho maturato la consapevolezza potente di poter aiutare gli altri – con le mie parole – a non sentirsi soli, a elaborare la notizia di una malattia cronica (qualunque essa sia), a trovare la forza di accettarsi e la volontà di vivere nonostante tutto. L’episodio che mi ha più colpito è stato quando una donna mi ha scritto di aver regalato il mio libro al marito affinché potesse comprenderla, perché lei non riusciva a trovare le parole e lui si stava allontanando; è stato d’aiuto e voleva ringraziarmi. Messaggi come il suo mi fanno credere che scrivere Una su dieci non sia stato vano.
Nel romanzo si parla anche di un’Associazione immaginaria e le parole che la protagonista usa per descriverla valgono per tutte le associazioni, come A.L.I.C.E. odv, importantissime per le donne:
“(…) è un porto amico per chi sa già e per chi non sa ancora, pronto ad accogliere anni di solitudini, di ecografie e monitoraggi, di punture sulla pancia e antidolorifici, di sguardi commiseranti e dolore a cui non si sa dare un nome: storie che si somigliano. Bisognose di comprensione. Di condividere quel dolore che a volte impedisce di alzarsi dal letto al mattino, di raggiungere un pianerottolo in cima a una rampa di stupide scale, di iscriversi a un corso di gym-qualcosa, di recarsi al lavoro, di partecipare all’escursione nell’area archeologica che il proprio compagno sogna da tanto, di accompagnare il proprio figlio al parco, di far l’alba in discoteca a scatenarsi in mezzo alla pista con le amiche. È il luogo in cui sfogarsi, in cui urlare senza sensi di colpa tutta l’invidia e la frustrazione verso donne che vantano dieci ore di palestra settimanali, pance piene di vita, eccitazioni appagate, vetrine colorate da abiti in miniatura, coppie abbracciate che annunciano neonati in arrivo. Quel So cosa provi è la scialuppa di salvataggio mentre la nave affonda, è il materasso pneumatico sotto la finestra di un edificio in fiamme, è l’elicottero di soccorso dopo la slavina”.
Ci vediamo a Roma alla prossima Marcia!
Cristina Pontisso
Nata a Roma, laureata in Storia dell’arte contemporanea. Dopo alcuni anni di lavoro in ambito turistico-culturale si è dedicata all’insegnamento. Ora vive nella Tuscia viterbese, è docente specializzata in sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola secondaria di I grado e fa la mamma. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati su riviste letterarie indipendenti quali “Crack”, “RISME”, “Narrandom”. Il suo primo romanzo “Una su dieci” è stato pubblicato nel giugno 2021 dalla casa editrice Scatole Parlanti.