Endometriosi e markers biochimici
Una delle grandi sfide della ginecologia è diagnosticare l’endometriosi senza il ricorso a tecniche invasive quali la laparoscopia.
Sono state infatti investite notevoli risorse nella ricerca di metodi di diagnosi non invasivi, ma l’eterogeneità nella presentazione clinica della malattia ha accentuato le difficoltà nell’identificazione di uno o più markers biochimici per la diagnosi.
Uno dei markers più conosciuti è il CA 125 sierico che è stato associato con la presenza di molte patologie ginecologiche tra cui l’endometriosi.
L’uso più rilevante di questo marcatore nella pratica clinica è nel monitoraggio del cancro ovarico in risposta al trattamento chirurgico o chemio-terapico. Tuttavia, livelli estremamente elevati sono stati riscontrati anche in in persone con endometriosi, ascessi tubo-ovarici, fibromi uterini e altre malattie infiammatorie endoaddominali.
Una spiegazione plausibile del possibile aumento di questo marker nelle persone con endometriosi è che la malattia determina una risposta infiammatoria. Ma l’accuratezza diagnostica del CA125 è inadeguata in quanto può risultare negativo in persone che invece ne sono affette, ritardando la diagnosi della malattia.
Il CA 125 può, al contrario, essere più utile per valutare recidive della malattia o il buon esito di un trattamento chirurgico.
Un altro marker sierico utilizzato nella pratica clinica è il CA 19-9, i cui livelli possono elevarsi sia in pazienti con tumori ovarici maligni e benigni, sia in quelli affetti da cisti endometriosiche mentre tendono a ridursi significativamente dopo trattamento chirurgico.
Una nuova frontiera di ricerca riguarda i markers immunologici a dimostrazione del fatto che l’endometriosi è associata a cambiamenti patologici della risposta immunitaria ma la strada per arrivare a risultati soddisfacenti è ancora lunga.